È stato recentemente lanciato il piano straordinario di dismissioni immobiliari, finalizzato ad apportare immobili pubblici, di proprietà dello Stato e di Enti locali, a un fondo di investimento gestito da lnvimit. L’obiettivo del piano è, come dichiarato, la raccolta di finanze (950 milioni di euro il primo anno e 1,25 miliardi di euro nel triennio 2019-2021 dai beni della Pa centrale), così come “il miglioramento del debito degli enti locali, ma anche la possibilità, cambiando la proprietà e la destinazione d’uso di alcuni edifici, di incentivare il recupero di beni non utilizzati e di assicurare ricadute positive in termini di investimenti e occupazione all’economia locale e nazionale.” Non entro del dibattito politico sulla proposta, ma mi limito a considerazioni di natura tecnica e industriale: il mondo della finanza immobiliare e dei grandi player guarda, infatti, con interesse all’Italia e alle opportunità di investimento che qui si possono identificare. Milano, Roma e le grandi città offrono sicuramente mercati liquidi e interessanti, ma oe peculiarità che ci distingue rispetto a tutti i principali altri mercati oe credo che il nostro Paese abbia l’opportunità di costruire un progetto strategico sulle potenzialità dei piccoli borghi. Quella dei piccoli borghi è un’Italia composta da 5567 comuni al di sotto dei 5000 abitanti, dove vivono 10 milioni e mezzo di cittadini; l’Italia dei centri minori rappresenta oltre il 55% del territorio nazionale, fatto di zone di pregio naturalistico, parchi e aree protette che attirano turisti da tutto il mondo. L’Italia è celebre nel mondo per la sua varietà enogastronomica, che la incoronano come il paese in Europa con il più alto numero di produzioni certificate, ma non molti sono a conoscenza del fatto che è proprio nei borghi al sotto dei 5000 abitanti che il 92% dei prodotti di origine protetta (DOP, e di Indicazione di origine protetta, IGP), nonché il 79% dei vini italiani più pregiati. Nonostante questi primati, lo spopolamento delle aree interne continua inesorabile, visto che a seguito dell’aggressione di dinamiche economiche, sociali e commerciali evolutesi con grande rapidità, molte zone non hanno saputo o potuto reinventarsi. Numerose sono state le iniziative volte a contrastare il fenomeno, una questione che riguarda due terzi del territorio italiano, ove oggi abita circa un quarto della popolazione, fra tutte ha riscosso notevole interesse dall’opinione pubblica la svendita delle “case a 1 euro”. Per trovare gli elementi propulsori per una nuova rinascita è necessario analizzare gli stessi cambiamenti che portano alla crisi del sistema urbano: credo che una implementazione delle infrastrutture e il digitale siano le modalità attraverso cui deve passare la rivitalizzazione dei borghi italiani, visto che in particolare la tecnologia consentirebbe nuove modalità di vivere, lavorare e di abitare. Per questa ragione penso sia necessario mettere le innovazioni digitali al centro della trasformazione del territorio, ampliando l’orizzonte alle Smart Land: la tecnologia, varcando confini geografici e annullando le distanze fisiche, può essere oe come sottolineato in “Borghi rinati, paesaggi abbandonati ed interventi di rigenerazione”, secondo volume frutto della collaborazione con AIM-Associazione Interessi Metropolitani oe un aiuto importante per lo sviluppo di molte attività e supportare l’erogazione di numerosi servizi in luoghi extraurbani, colmando il digital divide a cui questi territori sono spesso condannati. In tale contesto è evidente anche il forte interesse da parte del turismo straniero: la domanda anglosassone e svizzera si concentra sulla campagna toscana, dell’Umbria e sul lago di Como, mentre i tedeschi si concentrano sul lago di Garda. Agli inglesi piacciono in particolar modo i borghi pugliesi, dove i prezzi sono saliti dell’1,6% (2017/2018), seguiti dalla Sicilia (+1,5%) e dalla Toscana (+1,2%). Meravigliosi borghi si trovano anche in Liguria, dove le Cinque Terre sono talmente gradite che è in corso un dibattito sulla possibilità di rendere addirittura l’accesso limitato. In Italia tuttavia esiste un patrimonio sociale, artistico, culturale costituito dagli altri borghi che purtroppo sono caduti nella dimenticanza, per fenomeni di varia natura: dalla scarsa incentivazione e promozione da parte delle istituzioni preposte alle politiche del turismo, alla carenza della rete infrastrutturale, alle calamità naturali che spesso incidono fortemente sul’abbandono di una zona, seppure di sicura attratività naturalistica e monumentale. Abbiamo quindi oggi l’opportunità di dare vita a un importante progetto strategico, in cui il nostro patrimonio immobiliare può generare impatto economico oe senza essere considerato un asset da dismettere oe e valorizzato in un contesto di attrattività turistica, culturale ed enogastronomica.

(*) CEO di Sigest e presidente di FIMAA Milano Monza & Brianza [ PERCHE’ I BORGHI POTRANNO DIVENTARE DECISIVI PER IL SETTORE IMMOBILIARE. E NON SOLO ]