Mercato più sguarnito nelle aree turistiche, nei luoghi d’arte e nelle zone universitarie . Gli alloggi disponibili restano tali per poco tempo: in media 2,9 mesi e a Milano 1,8. 

Il boom degli affitti brevi cambia il volto dei centri storici, alimenta l’emergenza abitativa e spacca in due il mercato della locazione. Il fascino di una maggiore redditività, da verificare comunque caso per caso, contribuisce ad allontanare i proprietari dalle formule contrattuali tradizionali, già penalizzate dal rischio morosità e dalla rigidità di normative vecchie da decenni.

Tanto che nelle città turistiche, vicino ai luoghi d’arte e nelle zone universitarie l’offerta resta sguarnita: secondo operatori e inquilini, la domanda di soluzioni abitative stabili da parte di coppie, famiglie e studenti fatica a trovare risposta. E dalle strade spariscono i cartelli «Affittasi».

La flessione del 4+4 nei centri urbani

L’erosione dell’offerta, soprattutto dei tagli più piccoli (monolocali, bilocali e piccoli trilocali), emerge da tre indicatori di mercato riferiti alle grandi città: nell’ultimo biennio gli annunci «affittasi» con proposte di lungo periodo, sono calati del 7% su Immobiliare.it, con una flessione più accentuata a Milano (-8%); nello stesso arco di tempo i canoni sono lievitati del 2%, con picchi del 7% a Bologna e Firenze e del 10% a Milano; i tempi medi per locare un’abitazione si sono ridotti drasticamente (del 17%). Gli alloggi che arrivano sul mercato ci restano pochissimo (in media 2,9 mesi, a Milano 1,8), a conferma del fatto che la domanda resta elevata.

COME CAMBIA IL MERCATO DI LUNGO PERIODO

Percentuale di nuovi contratti di locazione stipulati nei Comuni ad alta tensione abitativa, pe r tipologia e anno. Analisi sull’ 89-94% circa delle nuove locazioni di immobili interi e residenziali, con durata minima di 12 mesi. (Fonte: elaborazione su Rapporti immobiliari – Agenzia delle Entrate)

L’impatto del fenomeno Airbnb

È probabile che la tensione sui canoni e la riduzione dell’offerta derivino in parte dal fenomeno “affitti brevi”, non rilevato dai dati ufficiali. Gli affitti non superiori ai 30 giorni, infatti, non hanno l’obbligo di essere registrati e resta inattuato il decreto legge 34/2019 che prevede una banca dati, con tanto di obbligo di registrazione per i proprietari e attribuzione di un codice alfanumerico per ciascuna unità.

PIÙ RAPIDI I TEMPI MEDI PER AFFITTARE UN’ABITAZIONE USATA

Dati a giugno 2019 e variazione sul 2017. (Fonte: elaborazione Il Sole 24 Ore su dati Nomisma, Solo Affitti e Immobiliare.it)

Il test della convenienza tra breve e lungo

La prospettiva di rendimenti maggiori è allettante sopratutto nelle grandi città. Secondo Sweetguest, società di gestione di affitti brevi, in centro a Milano un quadrilocale di pregio di circa 160 metri quadri può generare oltre 75mila euro l’anno e un bilocale arriva fino ai 30mila. Secondo la società, il vantaggio rispetto all’affitto lungo inizia a farsi sentire per gli immobili adatti anche altrove: la redditività è superiore del 207% a Matera, del 60% a Siena, del 100% a Treviso e del 200% a Padova, sia in centro che in periferia.

Numeri a parte – sempre da verificare in base al tasso di occupazione e alle caratteristiche dei singoli alloggi – a pesare sull’affitto lungo è anche il rischio per il locatore di dover pagare le imposte su canoni non percepiti (i correttivi introdotti dal Dl 34/2019 si applicheranno solo alle locazioni stipulate dal 2020) e la necessità di impegnarsi per più anni. Le richieste di flessibilità e la crescente precarietà degli inquilini si scontrano con una normativa molto rigida, soprattutto
per i contratti transitori.

In provincia la situazione è diversa

Se questo è lo scenario nelle grandi città, il mercato resta però spaccato in due. Nei piccoli centri e nelle aree poco collegate, la situazione è rovesciata: i proprietari dei 5,7 milioni di case che il Fisco considera “abitazioni a disposizione” spesso non riescono a trovare inquilini né compratori. E continuano a pagare l’Imu e la Tasi su valori catastali obsoleti, sopportando un tax rate sul valore di mercato molto più elevato di quello di chi possiede immobili nelle metropoli.

di Cristiano Dell’Oste e Michela Finizio

Il Sole 24 Ore On Line